Punto d’origine

Autunno, il sole illumina ed il cielo è sereno.

Oggi ho tradotto la ricetta della bagna cauda in inglese per una persona che ho visto una sola volta ad una festa e che chissà se rincontrerò ancora.

Adesso penso che vorrei fosse più facile trovare i cardi qui attorno.

Ingredients for 6 people:

6 garlic heads (1 garlic head per person)
2 glasses of extra virgin olive oil (get some nice California one 🙂 )
300gr (0.66 pounds) of anchovies filets
200gr of cream (0.44 pounds)
Half a glass of milk

Preparation (as mom and dad told me):

Peel and boil the garlic in half water/half milk.
Split the garlic pieces and get the sprout off them.
Squash the garlic with a fork and put them into a pot, then add the oil and the anchovies. Cook slowly (oil must not boil) and stir from time to time until anchovies break down completely. At this point turn off the fire and add the cream (the cream is optional, you can go without).
Buon appetito! 🙂

And here few pointers for additional documentation (though I do not agree with the butter usage):

https://en.wikipedia.org/wiki/Bagna_càuda
http://www.epicurious.com/recipes/food/views/bagna-cauda-2827
http://allrecipes.com/recipe/26705/bagna-cauda/
http://www.williams-sonoma.com/recipe/bagna-cauda.html

About the butter vs. cream: my mom uses cream, so do I. Also, best as a communal sharing dish.
Some do it with walnuts, though I never tried it: http://www.bonappetit.com/recipe/summer-crudites-with-bagna-cauda

Perché questa cosa é finita sul blog? Perché volevo un posto dove conservarla e mi é venuto in mente questo. Forse mi è venuto in mente che è tempo che torni a scrivere qui.

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Appuntamento comico

Bene! Ho un appuntamento! …Con un lui ovviamente. Mi preparo, cerco di essere il più carina possibile.

“Ti passo a prendere alle 20.30” mi ha detto “ho una macchina nera” ha aggiunto. Sono emozionata anche se questo “lui” non è proprio il mio tipo. Però è di buona compagnia, così mi son detta “perché no?”

Il tempo scorre mi vesto, mi trucco, faccio le solite cose che presumo tutte le donne fanno quando hanno un appuntamento. Sono le 20.30. Sono pronta! Lui puntualissimo arriva. Mi fa uno squillo sul cellulare io mi affaccio alla finestra e mentre sto per dirgli che sto scendendo, rimango allibita!

Alla faccia della macchina nera! Si è presentato con una spider (nera, quello si) due posti e tettuccio apribile!
Mi tremano le gambe, prendo un po’ di tempo per tirare due profondi respiri e scendo.

Varco il portoncino di casa, mi avvio verso di lui per salutarlo quando mi accorgo che tutto il vicinato ci guarda. Mi sento imbarazzata. Da dove sono sbucati??

Tutto succede velocemente! Una vicina ci viene incontro con due bicchieri di vino bianco e con aria divertita ce li offre, un’altra, quella del primo piano, si catapulta giù per le scale con un vassoio di biscotti “appena sfornati” dice lei. Mentre tutti gli altri ci salutano da lontano con la manina e un sorrisetto beffardo.

Non sapevo che stessero facendo una merenda-party nel giardino condominiale! Ma sopratutto avrei giurato che prima non ci fosse nessuno in quel giardino!

Cercando di tenere tutto sotto controllo , annuisco e sorrido (dicono di fare così quando non capisci cosa succede)

Oddio! Avrò avuto un espressione da ebete tutto il tempo. E chissà cosa penserà “il mio appuntamento” (lui dalla spider nera)?

Lui grandioso, accetta tutto quello che gli viene offerto. Io che dovrei scollarmeli continuo ad annuire e sorridere e mentre lo guardo mi accorgo che lo sta facendo anche lui.

Prima o poi ci lasceranno andare?! Non sapevo che il mio vicinato volesse vedermi accoppiata e che avesse a cuore il mio futuro conto in banca.

Iniziamo a congedarci nella speranza che non si presenti qualcun altro e finalmente ci lasciano liberi di continuare la nostra serata.

Lui da gentleman mi apre la portiera io salgo e quando mette in moto ci guardiamo e ridiamo dell accaduto. Ma mentre la macchiana parte vediamo sette testoline sbucare dalla siepe e sette manine che ci salutano augurandoci buona serata (sembrano i sette nani nel giardino).

Ricambio il saluto con un espressione stile fumetto manga con tante goccioline sulla testa sentendomi come in una commedia italiana degli anni 80.

 

 

— Angel

Parkinson

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Non c’è mai silenzio in casa, il tuo incessante movimento e lo strisciare i piedi e far sbattere le cose mi fa venire i nervi. Non sopporto più di vederti così. Fa male. Per te è normale ma a me fa male.
Mi ci è voluto del tempo ma poi ho capito ed accettato. Non sono più arrabbiato ma fa male uguale.
E non preoccuparti Mamma. Considera il fatto che quel che vedi e senti potrebbe essere reale e che potrebbe essere il resto del mondo ad essere cieco.
Io non voglio essere cieco e ora so che piantare cucchiai nei vasi è la cosa giusta da fare e che chi non lo capisce ha problemi peggiori dei tuoi. Parlami e dammi la mano, canta ancora per me, tu hai sempre cantato, creatura dei boschi, fata dei fiori. Dobbiamo prendere l’innaffiatoio: i cucchiai non devono seccarsi.wpid-screenshot_2014-04-16-05-19-13.png

— NeroDiParma

Passamolo strano

Carretto con gli stivali

Strane coincidenze , strani eventi, strane cose che ci capitano o che osserviamo tutti i giorni.

E poi perché strani? Strani agli occhi di chi? Ovviamente ai nostri occhi! Quando qualcosa capita nella nostra vita, una qualsiasi cosa, abbiamo l’abitudine di guardarla straniti, a porci mille domande. Poi se quell evento ci piace scatta subito in noi l’accettazione, sorridiamo.

Chi riesce a lasciarsi trasportare dall’evento lo vive al massimo (come diceva Vasco)!

E quando va via?

Quando tutta quella situazione, che stiamo vivendo e che ci piaceva così tanto va via, bhe! Rimaniamo interdetti, ci sentiamo come se un uragano ci avesse investito e poi lasciati li a terra! Ci sentiamo vuoti.

Per un periodo viviamo di ricordi, come se potessero colmare quel vuoto. Ma, poi, ci si rialza ancora un po’ doloranti ci guardiamo intorno e vediamo che il mondo va avanti che ci aspettano nuove situazioni, nuove avventure!

In un attimo la parola “strana” si trasforma in “nuova”, iniziamo a guardare tutto con curiosità senza mai dimenticare il passato, perché  il passato non si dimentica.

Il passato siamo noi!

 

— Angel

Tipi da una botta e via

La storia insegna. E la natura pure. Anche il patrimonio genetico per la verità, e se andiamo a verificare ciò che è stato tramandato come tradizione o leggenda metropolitana molti di noi hanno assunto, fatto proprio e non filtrato alcuni preconcetti quali:

  1.     L’uomo è cacciatore
  2.     L’uomo è forte per costituzione e blablabla
  3.     All’uomo è concessa e accettata culturalmente la storia dell’ “una botta e via”.

Ma nessuno si chiede o s’è mai chiesto della misteriosissima quanto incomprensibile teoria naturale della “riproduzione letale”?!

Ed ecco che arriva bella e primaverile la scoperta dell’università di Tecnologia del Queensland, nella foresta tropicale di Gondwana, di tre nuove specie animali di roditori che utilizzano la riproduzione letale. Per la precisione si chiamo antechini. Questi piccolotti si riproducono una sola volta e hanno vita breve, brevissima. Muoiono in massa nella stagione dell’accoppiamento, dopo un’impennata dei livelli di ormoni, dello stress e il collasso del sistema immunitario.

Che sfiga.

Questi fornicano per 12, e dico DODICI ORE AL GIORNO, e non hanno il tempo neanche di riprendersi per andare al bar con gli amici e raccontare davanti a una partita di calcio con tanto di birra in mano delle rocambolesche figure tantriche.

I piccoli roditori non sono gli unici! Eh no! La mantide religiosa decapita il maschio subito dopo il sesso e la vedova nera lo mangia. Le api maschio muoiono dopo l’accoppiamento a causa di un’eiaculazione esplosiva che distrugge il pene. I salmoni, sia maschi che femmine, nuotano controcorrente fino ai luoghi di origine e dopo l’accoppiamento, dopo che la femmina ha deposto le uova, muoiono per lo sfinimento.

La teoria della semelparità, la botta e via, nonostante sia passionale, così energetica da portare allo sfinimento totale, con una concentrazione elevatissima di tutte le risorse fisiche, emotive, psichiche è controproducente. Che lezione apprendere da queste ricerche e da Madre Natura?

Semel in anno licet insanire”. Una volta all’anno è lecito uscire di senno.

La botta e via, o meglio la semelparità, sarà anche tanto passionale e coinvolgente, ma si preferisce, soprattutto per il maschio (e per ovvi motivi) una relazione tantrica e riproduttiva più stabile. E non per venire incontro tanto alle donne (considerate ahimè nel 2014 ancora il sesso debole!) quanto agli uomini.

Sesso debole. Lasciamoglielo credere.

L’unica debolezza che hanno le donne è vedere in una relazione semilparitale una iteroparitale.

E tutte queste illusioni mica per noi. Sono  per… Salvarli.

 

— Modenese Rossa

Segui i segnali

Ci sono pure andata a letto insieme.

Nel senso che mi sono addormentata per tre notti consecutive con il mio nuovo libro. Tre notti con la magia di leggere lui dentro quelle pagine.

Così tenebroso e misterioso, ha messo per un po’ da parte il ruolo che ha incarnato per ben otto mesi e ha deciso di rivelarsi consigliandomi il libro che “l’ha ri-condotto” a me.

…Siccome non mi piace vincere facile non mi son scelta una relazione che potesse andar dritta come l’autostrada del sole. No!

La nostra è una relazione più sullo stile Salerno-Reggio Calabria. Diverse interruzioni. Una miriade di lavori in corso che rallentano il viaggio. Cantieri che nascono come i fiori in primavera. Autogrill in costruzione. Deviazioni gialle a cui poter scegliere se aderire oppure… No.

Fatta questa premessa  torniamo a lui.

Il libro. Magico. Profondo.  Ricco di metafore. Più lo sfogliavo e più mi sembrava di immaginare lui che si rivedeva in quegli scritti. Quelle parole che l’hanno condotto non solo a riflessioni post-lettura ma l’hanno riportato a me. Dopo settimane che non ci sentivamo più il suo amico buddista-vega-indo-filosofico (di cui ho sentito solo parlare ma che comunque stimo moltissimo) gli ha appunto consegnato tra le mani non un libro ma IL LIBRO e lui l’ha letto in contemporanea al ritrovamento nella sua auto del mio bracciale brillantinato. Oggetto che ovviamente è caduto dal mio braccio casualmente dopo avergli detto che non potevamo più vederci (per una serie di cause che magari poi vi racconterò).

Dunque legge il libro, mi ri-cerca ci ri-vediamo. Litighiamo. Ci abbracciamo. Ci annusiamo e ci diciamo dopo ventiquattro ore che non può continuare tra noi.

Tutto nell’arco di ventiquattro/quarantotto ore.

Così lo mando a stendere. Le mie amiche mi sostengono. Inizia la fase del “non ti meritava”. “E’ un strudel”. Si, insomma, le solite cose che si dicono quando è giusto dirle. Le donne coinvolte se le vogliono sentire dire. E capiscono, finita la fase della totale disperazione, che la teoria del “lui non ti merita”, “è uno strudel”, “lui tornerà” in fin dei conti non regge.

E allora bisogna fare qualcosa. Rimboccarsi le maniche e prendere per il collo l’amore.

Si. Prenderlo per il collo.

Perché l’amore è la battaglia per eccellenza. Ricerchiamo la persona che tra tutte ci mette in discussione e ci fa prendere consapevolezza dei nostri limiti. Cerchiamo quella che sa dare le giuste risposte emotive ai nostri pensieri. Quella che ce le fa mancare al momento  giusto. Così che combattendo con la parte più stronza di lui, perdiamo la parte più fragile di noi. E diventiamo più completi. Nessuna bandiera bianca.

Un continuum perfetto tra ying e yang. “Le donne lo sanno” canterebbe Ligabue, E con quel fiuto infallibile se lo scelgono. E ci credono. E sognano. Perché infondo ognuno è libero di sognare ciò che vuole.

Compro il libro e mica lo leggo subito. No. Lo leggo qualche giorno prima di partire per un fine settimana con le amiche e in contemporanea alla lettura del libro, arrivano pure a me i segnali.

Giuro che non credo di trovarmi in un laboratorio militare stile Roosevelt (ve lo ricordateeee?) dove mi vengono inviati i segnali dagli ufo. Parlo dei segnali che mi fanno riscoprire nelle piccole cose che io voglio ancora lui.

Così per tre giorni dalla mattina alla sera ho mandato l’energia del Maktub alle mie amiche.

“È un segnale!”
“Dovete cercare un segnale nella vita!”
“Maktub!”

“E. senti maaaa….” – mi dice C – “che significa Maktub?”

“Maktub. Tutto è scritto. Così è scritto. È una parola araba. Mai desistere dai propri sogni. Bisogna sempre seguire i segnali. Perché tutto è scritto.”

Mentre mi rivolgo a C. una serie di collegamenti mentali mi fa visualizzare il libro.

Penso all’ultima riga che ho letto. Il suo segnale.

E solo ora comprendo.

Con un battito di ciglia  chiudo mentalmente le pagine de “L’Alchimista”.
Sorrido.


— Modenese Rossa

Metafi(si)ca

Colonna sonora:

“Una donna per amico” — L. Battisti
“La regola dell’amico”883

Film consigliati:

“Una donna x amica” (2014)

Libri consigliati:

Amici di letto (Autrice: Gina L. Maxwell
Titolo originale: Seducing Cinderella)

Ribaltare tutte le proprie convinzioni emotive proponendo all’uomo per il quale provi un sentimento di elevata potenza una proposta sconcertante (per te e per lui): “e se ci mettessimo una pietra sopra e restassimo amici?”

“Ok. E pur sempre un ri-inizio. Bello e utile ma no. Non puoi chiedermi di non provare un’attrazione per te dopo quello che abbiamo passato. Ma ti rendi conto?!”.

Me ne rendo conto. Infatti un tempo gli avrei dato ragione, avrei sostenuto la tesi con tenacia incalzante, con tanto di prove inconfutabili secondo le quali “un uomo e una donna sessualmente attratti non possono essere amici”. Eminenti personalità come Battisti mi avrebbero aiutata. In “Una donna per amico” egli canta che “l’eccitazione é il sintomo d amore”. Avrei rubato a Veronesi le battute recitate sugli schermi di “una donna per amica”.

Ma no, ribalto tutto. Lo provoco. “Restiamo amici (razza di stregone maledetto aggiungerei e mi son tenuta) fino a quando non capisci cosa vuoi davvero da me e da questa relazione”.

Forza superuomo nietzschiano, dimmelo che sono una pazza e io e te ora si sta insieme per il resto della vita fino a quando non ci si annoia! Portami le prove che sto sbagliando tutto! Fammi ricredere! Voglio sbagliarmi con cognizione di causa!

Non mi basta la tua tesi che “avendo avuto una relazione così metafisica non si può restare amici”.

Metafisica un tubero! Abbiamo fatto all’ammmore e no che non possiamo restare amici! Salta giù dal tetto delle tue paure e convinzioni. Elimina brutalmente le tue zavorre emotive passate.

Questa volta voglio sbagliarmi e voglio farlo alla grande!

Non mi accontento più di studi psicologici effettuati sul campo. Non me ne importa un accipicchia dell’ultima scoperta americana che per la millesima volta ribadisce il concetto che “l’ommo lavoratore e cacciatore se desidera condividere con la regina della casa momenti erotico-bollenti oltre che confidenze allora non é più amico” (per la proprietà commutativa vale il principio opposto per la donna).

Portami via con te e facciamo cadere tutti i pregiudizi di trombamicizia, fidanzamenti asciutti e matrimoni sterili di gioia.

“La regola dell’amico non sbaglia mai”.

Vieni a far goal nella porta della mia vita. Tira il rigore più bello e fammi sbagliare.

Non più amici, ne trombamici, ne conoscenti.

Facciamo tutte le azioni metafisiche del caso, per tutta la vita.


— Modenese Rossa

Il giorno in cui tutte le cose tornano

C’è un giorno in cui tutte le cose tornano.

Non ha coordinate spaziali né temporali, tant’è che mi vien da pensare che non debba essere definito giorno in quanto tale ma attimo.

Allora rettifico.

C’è un attimo in cui tutte le cose tornano, s’incontrano e si scontrano e poi magari se ne vanno, o riprendono il loro cammino insieme.

Sono tutte quelle cose, persone, situazioni, momenti-movimenti che ci hanno accompagnato per un lungo e incisivo periodo di tempo e un giorno, ci lasciano, intraprendono un lungo viaggio verso direzioni opposte alle nostre.

Ricordo ancora quando passavo le serate con i miei amici da fidanzata ed erano costellate da cene e giochi di squadra, alternate a momenti di intimità e dolcezza con i rispettivi partner.

Ricordo ancora quando lui entrava in casa ed apriva l’anta del frigo per cercare i suoi yogurt preferiti che gli facevo puntualmente trovare sul secondo piano visibilmente accessibili.

Ricordo ancora quando ballavo su una pista in legno, a suon di stomp e shuffle. E cantavo a squarciagola note musicali che si davano appuntamento sul pentagramma e si lasciavano posandosi sui lobi dei miei amici.

Poi tutto questo un giorno se n’è andato.

E sono rimasta io, il cibo, gli yogurt, passi abbozzati e note stonate.

Non so come io abbia fatto ma ad un certo punto ho capito che tutto quello che era esistito fin’ora e se n’era andato lo aveva fatto perché oramai non era così indispensabile alla mia esistenza. E doveva insegnarmi qualcosa.

Ad oggi non ho ancora capito cosa anche se per sette lunghi mesi di crisi esistenziale ho cercato invano dei perché.

Però ho scoperto il come: ho scoperto che si può rinascere grazie alla forza di volontà e trovare delle strade alternative a quelle che avevo immaginato per il mio futuro.

Strade magari non asfaltate, con qualche macigno da spostare e qualche briciola di coraggio da lasciare lungo il terreno per ritrovare la strada su cui tornare.

Si ritornare.
Si ritorna.

Ci si abbraccia a tutte quelle cose che ci hanno lasciato. Si sfiorano, annusano, sentono e ci si lascia cullare dal ricordo di ciò che é stato.

Si resta sorpresi perché attraverso gli occhi, i profumi, gli odori e le canzoni che ci guardano con la stessa intensità con cui ci guardavano in passato, noi scorgiamo il riflesso di chi è cambiato.

E sorridiamo.
Sorpresi.

Inaspettatamente colpiti di quanto sia stato spettacolare intraprendere una deviazione rispetto alla comune statale super affollata della vita…

— Modenese Rossa

Stranezze italiane

Un giorno girando per le notizie sul web,Una notizia curiosa è capitata sotto i miei occhi che, increduli, continuavano a leggere l’articolo, mentre ripetevo tra me e me “l’Italia e gli italiani sono sempre una sorpresa”. E non è ironia la mia! Riusciamo a fare cose che negli altri paesi se le sognano.

E fanno bene a sognare soltanto!

Per farvi capire meglio vi racconto brevemente l’articolo.

C’è un clochard (quindi un senza tetto, ricordatevelo!) che ha il vizio di rubacchiare e che viene scoperto per l’ennesima volta e arrestato e portato davanti al giudice.

Fin qui tutto normale direte voi, peccato che la sentenza finisca con gli arresti domiciliari per il  barbone o clochard (fa più fine ma sempre senza dimora è!).

Non avendo il nostro dimora fissa (ma dai!?) come confinarlo in un suo inesistente domicilio?

L’originalità del nostro giudice è stata fantastica! Ha messo in moto il cervello ed ecco uscire un’idea ingegnosa!

Hanno fatto scegliere al malcapitato una panchina pubblica che avrebbe usata come fissa dimora per scontare la pena.

Si, si avete letto bene, una panchina pubblica, sapete quelle che si trovano nei giardinetti e hanno preteso che il ladro ci rimanesse a scontare la pena . D’altronde era agli arresti domiciliari! Incredibile!!

Ovviamente, quando per un controllo le forze dell’ordine sono andate a vedere, il nostro senza tetto, anzi no, da oggi domiciliato presso una panchina (gli chiederanno l’IMU?) non era lì. Arrestato nuovamente, per non aver rispettato la sentenza, viene messo in carcere. Pensate un pò la contentezza del clochard che si ritrova, dopo la panchina, ad avere vitto e alloggio gratis e caldo, data la stagione un vero colpo di fortuna!

Ma non finisce qui. Nella nuova sentenza, in appello, è stato deciso che il reato di aver abbandonato la panchina non sussista e così viene lasciato libero.

Sorrido nel pensare a questo episodio immaginando la faccia del barbone che magari rubava proprio per andare in prigione in questa stagione, ma soprattutto alle nostre leggi che (non c’è che dire) sono uguali per tutti. Anche per chi è senza dimora!

 

— Angel

Cos’è l’amore?

Che tema patetico potrebbe pensare qualcuno. Le donne, quelle romantiche, vedono dentro quella parola il tutto: il primo appuntamento, il primo bacio, gli abbracci, la sintonia, le uscite, la complicità, la ceretta last minute, le candele e i profumi. Tutto nel senso che riescono a intravedere dentro un bacio anche un matrimonio e magari dei figli. E pure le litigate con la suocera. E le scenate di gelosia per la ex. E pure per tutte le non-ex. Le donne romantiche hanno capacità immaginative stralunari. E tutto questo dentro un bacio.

L’uomo, ohibò, io non saprei. L’uomo si innamora quando é cotto, sicuro e fiducioso di avere accanto la donna seria che lo fa star sereno. Ma solo dopo avergli fatto girare gli zebedei. Già, Perché l’uomo, nonostante il corteggiamento e le propensioni affettive, vuole la donna preda, che scappa, corre, si nasconde e alla fine si fa prendere. Fa finta di fargli credere che si fa prendere. E così quando lui l’ha presa e lei, dopo una lunga maratona, gli concede un bacio puro, e casto, avviene il patatrac. A volte si innamorano, sí. A volte si spaventano e scappano. A volte si rotolano in parole senza senso e cascano esausti in lunghi abbracci. E lì, in quegli abbracci, si perdono e fondono nel nuovo senso di famigliarità.

Poi però l’amore é un altra cosa. Mica é la maratona dell’innamoramento.

L’amore è tenersi la mano correndo. Provateci: é difficilissimo.
In primis perché di due equilibri se ne deve fare uno. E poi se uno casca cade pure l’altro.
E ci si rialza. Insieme.

Io non so perché a San Valentino le vetrine si riempiono di cuori di carta. Ma so che se dovessi regalarti qualcosa, oh mia metà, ovunque tu sia, mi regalerei le scarpe più comode per non stancarmi mai di starti accanto nella lunga e faticosa corsa della vita.

 — Modenese Rossa